Le procedure ESAC sono basate sul un risultato di Aki (1959) secondo il quale la funzione di correlazione media fra le registrazioni di un rumore isotropo effettuate su sensori verticali distribuiti nelle diverse direzioni a parità distanza r da un sensore centrale, ha una forma nota (Funzione di Bessel di ordine 0). La forma di questa funzione di Bessel ad una data frequenza ed una data distanza r è controllata dal valore della velocità di fase. Si tratta di un metodo “robusto” grazie alla regolarizzazione imposta della applicazione delle funzione di Bessel, ma rischia di fornire risultati errati in presenza di una sorgente dominante e quando la misura è effettuata con stendimenti lineari (Re.Mi.). In condizioni ottimali, i due approcci dovrebbero fornire curve di dispersione analoghe. In realtà, il metodo ESAC consente di definire la cosiddetta curva di dispersione effettiva che rappresenta una combinazione delle diverse curve modali "pesate” in base al loro specifico contenuto energetico nel sito. Nel caso di profili normalmente dispersivi la curva di dispersione effettiva coincide con la curva relativa al modo fondamentale (quello in questo caso più energetico). In altri casi, per esempio in presenza di inversioni di velocità o di forti contrasti di impedenza sismica, la curva di dispersione effettiva risulta frutto di una combinazione dei diversi modi in funzione della relativa energia. Un vantaggio è quello di non dovere identificare (come in altri modi) i vari modi di vibrazione che possono essere trattati in modo unitario (Dario Albarello – Corso di Microzonazione Sismica).
I dati sono acquisiti attraverso 12/24 geofoni verticali a 4,5 Hz disposti ad L con lunghezza di acquisizione poco superiore ai venti minuti. Le distanze tra i vari geofoni sono scelte variabili per avere la massima correlazione tra le varie coppie di geofoni e per essere sicuri di acquisire le frequenze di nostro interesse.